Circa un anno fa stavo vivendo una situazione di grande difficoltà con mio marito, l’amore che provavo per lui era diventato paura, voglia di scappare, voglia di lasciarlo.
Abito a Treviglio, sono disoccupata per scelta di mio marito. Ho sempre lavorato con piacere, ma dopo la nascita del mio primo figlio, mi sono fatta convincere.
Ho sposato mio marito per amore, lui non è Trevigliese, l’ho incontrato mentre frequentavo un corso di studi.
Ho poco da raccontare: la mia storia è fatta di delusioni e tristezza, sempre più la mia vita si è trasformata in un inferno, anche se ultimamente pensavo di essere io il male, essere io sbagliata.
Lui non mi ha mai toccata, ma ogni giorno mi ha reso più debole e fragile, facile far credere a tutti che io stavo male, facile far pensare alla mia famiglia che dopo le gravidanze non ero più la stessa.
Devo a Silvia la mia salvezza, direi la mia rinascita.
Dopo aver saputo della sua tragica fine, dentro ad una normalità che tutta Treviglio raccontava, ho incominciato a pensare che anche io, anche la mia famiglia era — apparentemente — normale: andavo ad accompagnare i bambini a scuola e tornavo a casa ad aspettare mio marito.
Tutto era nella norma, ma io ero diventata sola, non avevo nemmeno nessuno che mi chiedeva: “Cos’hai? Ti vedo brutta…”.
Lui invece, a casa, mi asfissiava, mi continuava a dire quanto non valessi nulla, ogni motivo era buono per una lite, bastava pochissimo per farlo arrabbiare, e io vivevo la giornata pensando a come non adirarlo, non provocarlo.
Verso novembre, non so come, mi sono trovata a suonare al campanello della Cooperativa Sirio. Avevo sentito parlare di uno sportello per le donne, ancora oggi non so cosa mi ha condotto li, forse la disperazione, la tristezza, o forse Silvia.
Ricordo ancora quando sono entrata, l’accoglienza che ho ricevuto; un ufficio pieno di persone operose, chi al telefono, chi negli uffici, speravo di non essere notata, ma qualcuno mi ha accolto…
Ricordo la prima chiacchierata: avevo la sensazione che, anche se non avevo raccontato nulla, avevano capito tutto.
Parlavano di me senza avermi mai conosciuta, sentivo che questo era il posto giusto.
Ricordo i successivi incontri, quanto erano difficili, ma l’assistente sociale, sempre tranquilla e con grandi occhi azzurri, riusciva a tranquillizzarmi.
Non era facile, ero tormentata, chissà se mi avrebbero creduta alla Sirio, forse io esageravo, forse aveva ragione lui, ero io che ero sbagliata.
Col tempo, con tanta pazienza, ho iniziato a raccontare la mia storia, prima velocemente, poi sempre più nel profondo.
Frequento da un anno lo Sportello, ho incontrato l’avvocato e la psicologa e molte donne che sono nel problema.
Non posso dire di stare bene, tra poco lascerò la mia casa, mi devo riprogettare, so che il male che lui mi ha fatto, mi è entrato nel cuore e nella mente, ma ormai devo combattere.
Ho visto tante compagne di sventura alla Sirio, molte sono venute per poco e poi se ne sono andate, non le abbiamo più viste.
A loro voglio ancora più bene e chiedo a Silvia di proteggerle, anch’io spesso volevo mollare, odiavo la Sirio, mi chiedevano cose che non sapevo fare, ma non mi lasciavano mai sola.
Quando non mi vedevano, arrivava sempre una telefonata per sapere come stavo e per chiedermi: “Vuoi ancora venire? Fissiamo un altro incontro?”.
Mi sono sentita protetta, creduta e ho iniziato a capire, capire i rischi che correvo, capire che potevo dire basta, capire che anche da sola con due bambini e dei rapporti da ricucire con la mia famiglia, dovevo affrontare la vita.
Ora è passato quasi un anno, ho capito che era lui sbagliato, che io sono diventata una vittima nelle sue mani, ho capito che nel mio rapporto con lui non c’è mai stato amore, però ho capito che si è infranto il sogno più grande di una donna, è finito il mio sogno d’amore.
Anche Silvia avrà provato questi sentimenti, anche lei avrà fatto questi pensieri e a lei e a tutta la Sirio un grande grazie, perché vi devo la vita.